Piattaforme petrolifere: sicurezza sul lavoro e tutela dell’ambiente
Nei mari italiani sono attivi 138 impianti tra piattaforme petrolifere e teste pozzo sottomarine.
Le piattaforme si concentrano prevalentemente nell’alto Adriatico, nello Ionio e nel Canale di Sicilia e vi lavorano circa 15mila addetti, inclusi quelli delle imprese di supporto: un piccolo esercito di professionisti qualificati che operano in condizioni assolutamente uniche e spesso difficili. La loro sicurezza, la tutela dell’ambiente e le prospettive di questo settore strategico per il fabbisogno energetico degli oltre 700 milioni di cittadini che vivono oggi in Europa, sono state al centro dell’evento “Sicurezza sulle piattaforme offshore”, organizzato dai sindacati di categoria Femca Cisl, Filctem Cgil e Uiltec Uil a Palermo, a cui hanno partecipato anche molti rappresentanti dei sindacati del nord Europa.
Nel 2017 in Italia, nelle attività di ricerca, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi, si sono verificati 37 infortuni: il 95% degli incidenti riguarda la terraferma, il resto le attività a mare. Si è registrato un aumento degli infortuni lievi e una riduzione degli infortuni nelle attività di mare, ma lo scenario resta comunque preoccupante e non va trascurato.
I lavoratori del settore, altamente specializzati, svolgono un’attività in un ambiente lavorativo e con modalità particolari che influiscono moltissimo sulla qualità della vita, e l’idea di applicare il CCNL Energia e Petrolio offre precise tutele in questo senso. Le competenze dei responsabili sindacali per la sicurezza possono e devono essere messe al servizio anche dei lavoratori delle piattaforme offshore, come in qualsiasi realtà produttiva energetica in Italia.
Dopo il disastro del 2010 nel Golfo del Messico, il Parlamento europeo ha emanato la direttiva 30/2013 sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, aggiornando la lista dei rischi riconducibili all’attività, potenziandone i controlli e i sistemi di segnalazione e prevenzione degli incidenti.
In Italia il decreto legislativo n.104 del 16 giugno 2017 attua tale direttiva, che ha istituito presso il ministero dello Sviluppo economico la Commissione garante della sicurezza sulle piattaforme.
Per quanto riguarda, invece, lo smantellamento delle piattaforme estrattive obsolete, l’auspicio è che si possa intervenire riqualificando tali piattaforme, soprattutto quando il loro smaltimento risulti troppo oneroso; ad esempio il “Progetto Poseidon“, elaborato insieme al Centro Nazionale delle Ricerche (CNR), all’Istituto scienze marine (ISMAR) e alla Fondazione Cetacea, che ha l’obiettivo di convertire le piattaforme della costa romagnola in stazioni scientifiche interconnesse, ad alto contenuto tecnologico, per lo studio dell’ambiente marino. Questa conversione, ripetibile e riproducibile anche per altri impianti, porterebbe alla creazione del primo parco marino tecnologico in Europa.